
Al di là dei dettagli
tecnici quello che ci ha colpito di più è stata la negazione degli spazi
comunali che vengono regolarmente messi a disposizione per i matrimoni
civili, sostenendo che siccome le Unioni Civili non sono celebrazioni,
bensì registrazioni, non possono usufruirne. E come ha colpito noi ha
colpito anche i Senatori Lo Giudice e Cirinnà (prima firmataria della
Legge) che hanno preso una posizione ufficiale al riguardo (CLICCATE QUI), dicendo che:
“Apprendiamo dalla stampa che il Comune di Piacenza non intenderebbe mettere a disposizione per le unioni civili la stessa sala utilizzata per i matrimoni. Ricordiamo sommessamente al sindaco Paolo Dosi che la legge 76/2016 sulle unioni civili prevede al comma 20 che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio ovunque ricorrono, non solo nelle leggi (come ad esempio il DPR 396/2000 sul Regolamento dello stato civile che all’art.70 prevede che l’ufficiale di stato civile indossi la fascia tricolore) ma anche nei regolamenti e negli atti amministrativi, si applicano anche alle unioni civili”.
“Il Regolamento per la celebrazione dei matrimoni civili del Comune
di Piacenza, approvato dal consiglio comunale il 4 aprile scorso,
prevede al comma 3 dell’art.1 che il matrimonio civile sia celebrato
presso Palazzo Farnese o in altri luoghi da individuare con
deliberazione della Giunta comunale. Si dà il caso però che il sito del
Comune di Piacenza indichi come unica sede per la celebrazione dei
matrimoni civili il Salone Pierluigi di Palazzo Farnese. È lì che
andranno celebrate anche le unioni civili. Ogni impedimento a questo
diritto sarebbe illegittimo. Speriamo che il Comune di Piacenza intenda
muoversi nell’ambito della legalità e non voglia essere esempio di quei
trattamenti discriminatori che troverebbero comunque risoluzione in
un’aula di tribunale”.
In
parole povere la nostra città ha fatto una (nuova) pessima figura a
livello nazionale. Sappiamo già di alcune coppie che, dopo avere saputo
della negazione del Salone Pierluigi, hanno minacciato di andarsi ad
unire civilmente in Comuni meno problematici del nostro. Dove sanno per
certo che verranno trattate al pari degli altri cittadini, e non come
una sottocategoria che, in un'occasione così importante, deve subire
l'umiliazione di vedersi relegata in qualche angusto ufficio comunale
(con i testimoni e gli invitati al seguito, e sempre che nel suddetto
ufficio possano tutti trovare posto).
Vorremmo
invitare chi di dovere a rivedere le sue posizioni, e non tanto per la
minaccia di azioni legali paventata da due Senatori della Repubblica,
quanto per una questione di principio e di uguaglianza. Anche perchè
negare l'accesso al Salone Pierluigi ha un significato simbolico che va
ben al di là della semplice fruizione di uno spazio prestigioso, e ha un
retrogusto che ricorda epoche e situazioni che non dovrebbero più fare
parte della nostra cultura e della nostra società.